PULP BLOG
"Pulp"- 1. Massa di materia informe, molle e umida.
2. Un libro che tratta argomenti sinistri, normalmente stampato su carta di bassa qualita'.
27/3/2006
MUSE CONFUSE
Sono così convinto delle mie idee che alla fine vado contro di esse. Sono il bue e dico "cornuto" all'asino. Sono lunatico, spendo i soldi, sembro casto ma non lo sono. Parlo forbito ma poi prendo confidenza. Guardo, ammiro, sono giovane e preferisco la donna adulta. Sono fragile ma posso fare male. Se verso una lacrima è perchè ho fatto piangere qualcuno prima. Sono un coccodrillo. Se sono buono non sono nulla. Se tratto male sono forte. Sono il luogo comune di me stesso. Lucido sono meno sincero. Non faccio niente per niente. Sono una iena quando conviene e non mi abbasso più a dolcezze inutili. Tradire non mi costa niente, in fondo è il prezzo per stare un pò meglio. Sono quello che ho e ho quello di cui non ho bisogno. Io non cerco più nessuno e gli altri chiedono di me. Ho inseguito abbastanza, ora è tempo di essere lepre. Se continuo a frequentare solo streghe mi ridurrò davvero così.
DALLA PARTE DEL TORO
Stefano è a Madrid da parecchi mesi ormai. Con lui alla radio facevo uscire la parte più spensierata di me. Mi manca, ci manca. Ci mancano i Venerdì notte insieme, le risate e gli sguardi sinceri di chi ha talento e lo vuole far uscire fuori più per gli altri che per se stesso. Con la certezza di rivederci il più presto possibile gli mando un "abbraccione" dei nostri. Di seguito vi invito a leggere l'articolo scritto da Simone Toscano che parla proprio del nostro Dj.“Gli spagnoli sono gli italiani declinati al meglio: più ordinati, più puliti, con maggiore voglia di vivere”. È un trattato di sociologia in cento caratteri quello di Stefano, un ragazzo romano che vive in Spagna da sei mesi. Una teoria del vivere schietta e sintetica snocciolata mentre prepara la pasta per gli amici, giusto per sentirsi un po’ a casa. Tra gli angoli del suo monolocale di Madrid si affacciano tanti piccoli ricordi di Roma e del suo quartiere, Cinecittà: sull’anta dell’armadio l’adesivo “nun c’è problema”, sul comodino le foto ricordo e anche l’immancabile stereotipato poster della Magica. C’è tutto. Ci sono, però, anche i segni tangibili di una nuova vita iniziata da poco in terra iberica: le piantine della metropolitana e dei treni - fondamentali da queste parti - e gli orari dei centri sportivi della zona, dove si va per passare il poco tempo libero, nei fine settimana o nella lunga pausa pranzo dal lavoro, la siesta, unico momento in cui questo Paese che corre verso il domani sembra fermarsi.
Già il lavoro, croce e delizia dei tanti ragazzi italiani arrivati qui. “La storia è uguale per tutti: si scappa, perché in Italia non c’è lavoro. O meglio, c’è ma è un lavoro che non ti fa guardare avanti, che forse ti dà da vivere poco e male nel quotidiano, mentre per il futuro non rimane altro che sperare nella buona sorte o in qualche raccomandazione”. Solo luoghi comuni? Stefano non è d’accordo: “Prima di venire qui in Spagna ho lavorato come speaker in una radio romana per cinque anni. Lavoravo tutti i giorni, e conducevo una trasmissione tutta mia che durava quattro ore. Lo stipendio? Una fame, cinquecento euro appena, ma arrotondavo con le serate in discoteca, come deejay, e con la convinzione che chi semina prima o poi raccoglierà”. Ma non sempre il seminato dà i suoi frutti. “D’improvviso è cambiata la gestione della radio: palinsesto radicalmente modificato e trasmissione cancellata. Tutto finito, dal giorno alla notte mi sono ritrovato senza lavoro e di nuovo a carico dei miei genitori, a 27 anni e dopo essermi riuscito a guadagnare un minimo di indipendenza economica”.
Stefano però non si dà per vinto, forte del suo curriculum, che non si ferma alla sola radio; è laureato, parla tre lingue, ha curato vari uffici stampa, ha scritto su qualche giornale, ha persino condotto un programma in una piccola tv satellitare. Insomma, sembra avere tutte le carte in regola per trovare un nuovo lavoro. Che però non arriva. E poco importa che ad una buona preparazione culturale unisca anche una certa presenza fisica (fisico palestrato, occhi verdi e quella mascella volitiva che tanto piace agli autori televisivi): il posto fisso – o anche quello precario – non si trova tanto facilmente. Perlomeno in questo mondo, quello della “comunicazione”. Ma attenzione a non cadere nel tranello: Stefano non vuole diventare il tronista di turno, non vuole essere il nuovo Fiorello, non cerca il successo facile del piccolo schermo. Vorrebbe solo lavorare con le parole, scritte o pronunciate che siano, faticare di fronte ad un foglio bianco o ad un microfono. Cerca un lavoro precario, e non riesce, “se non conosci qualcuno è difficile”. Cerca uno stage e anche lì va male per chi, come lui, è laureato da più di due anni, “gli stage ora sono riservati agli studenti o ai neolaureati”. Alla fine manda curriculum ovunque, dalle Poste all’Enel, ma nessuno si fa vivo, neanche per un “arrivederci e grazie”.
Le uniche risposte che iniziano a fioccare arrivano dall’estero. Molte sono allettanti, e offrono stipendi di tutto rispetto, ma per accettarle bisognerebbe trasferirsi agli antipodi: Canada, Stati Uniti. Il coraggio per partire è l’unica cosa che manca. Alla fine, dopo mesi di delusioni, tentativi e porte chiuse in faccia, prende la sua valigia di cartone e decide di partire, destinazione Spagna, dove ha già studiato per un anno durante l’università per il progetto Erasmus. “Sono arrivato a Madrid, ospite di un amico. Tempo una settimana e ho trovato una stanza, assieme ad altri ragazzi stranieri”. Insomma, sette-giorni-sette per trovare una casa. “Mi mancava ancora il lavoro. Un giorno, mentre mi trovavo nella sala-computer di uno dei centri polivalenti che il Comune mette a disposizione gratuitamente in ogni quartiere, ho chiesto se avevano bisogno di qualcuno. Mi hanno detto di mandare il curriculum: tre giorni dopo mi hanno chiamato per il colloquio. Come è andato? A me, italiano, hanno proposto da subito un contratto a tempo indeterminato, perché qui il lavoro precario non conviene all’azienda, che sia pubblica o privata”. Tre giorni dall’invio del curriculum al colloquio e all’assunzione, dunque.
“A questo punto ho potuto cercare una casa tutta mia, un monolocale. E l’ho trovato, 40 metri quadrati a 750 euro al mese in zona semicentrale, collegata perfettamente con ogni zona della città. Ovviamente con regolare contratto di locazione”. Il costo forse potrà sembrare alto, soprattutto considerando che lo stipendio di Stefano viaggia attorno ai mille euro al mese; ma c’è il trucco: “il Governo Zapatero ha messo a disposizione dei giovani un buono-casa da 200 euro al mese, per evitare il rischio “bamboccioni”. E il buono vale per tutti, anche per me che non sono spagnolo”. Ricapitolando, in poche settimane è arrivato un lavoro e una casa. Tempi rapidi, rapidissimi, ma guai a parlare di fortuna. “E’ uno stile di vita – ribatte Stefano – completamente diverso dal nostro. Con l’efficienza ci guadagnano tutti. Un esempio: ho richiesto on line che mi attaccassero la linea telefonica. Erano le 19:30 di venerdì sera. Dopo mezzora mi hanno chiamato, “possiamo venire domani mattina?”. È un altro mondo”.
Sette giorni per la casa, tre per il lavoro, neanche uno per il collegamento telefonico. Gli spagnoli, da sempre considerati nostri “cugini”, ci stanno forse superando? Il Governo Zapatero snocciola cifre ai quattro venti che dimostrerebbero il sorpasso iberico sulla nostra economia, lo stile di vita spagnolo spopola nel nostro Paese, la Spagna trionfa persino nello sport e il caso ha voluto che le nostre nazionali si scontrassero anche agli Europei e che il match si concludesse con la vittoria della compagine di Casillas e soci, giovane e affamata di successi. “E’ un desiderio di rivincita il loro, è un boom economico ma anche sociale. La dittatura li ha tenuti fermi per quarant’anni, quando è finita il Paese è rinato, riuscendo a conciliare le tradizioni – tenute in vita, fortissime, dal regime di Franco – e la modernità. Sono arrivati i capitali stranieri, è stato fatto un balzo avanti velocissimo senza precedenti in Europa. Governi responsabili sono riusciti ad inculcare un senso di responsabilità e di rispetto della cosa comune che in Italia non esiste”. Si intristisce un po’, Stefano, mentre racconta di questo mondo che sembra lontano anni luce dal nostro. E il pomodoro nella padella si brucia un po’. “La cosa che più mi fa male è che se vai in Svezia e vedi che tutto funziona lo riesci a giustificare in mille modi, parli di stili di vita diversi, di caratteristiche socio-culturali che non ci appartengono e così via. Qui in Spagna però è diverso: gli spagnoli sono come noi, ma declinati al meglio delle potenzialità, perché riescono a guardare avanti” ripete, mentre porta a tavola l’amatriciana per gli amici.
PUNTATE PILOTA
Ci sono quelle che hanno successo e quelle che non coinvolgono. Ci sono quelle che sono girate bene e quelle che sono solo ben recitate. Ci sono quelle che appassionano, quelle che non si capiscono. Ci sono quelle troppo violente, quelle troppo dolci. Quelle che una sera le vedi in tutto il loro splendore, che ti fanno promesse, proposte che non si possono rifiutare. Ci sono quelle che ti fanno pensare a cosa succederà dopo facendoti scordare il passato più recente, ci sono quelle che non hanno futuro sin dai titoli di testa. Ci sono quelle che non ti fanno prendere altri impegni perchè sei curioso di vedere cosa c'è di bello dentro. Ci sono quelle che di bello hanno solo l'involucro. Ci sono quelle scabrose che puntano tutto sul sesso, ci sono quelle dove il sesso è censurato. Ci sono quelle leggere e quelle impegnative. Ci sono quelle che evaporano nell'etere causa forza maggiore. Ci sono quelle che diventano una grande storia. Ci sono quelle che non diventano niente.