QUANDO NON SAI CHE SCRIVERE
Quando non sai che scrivere scrivi di donne senza volto, di chitarre scordate, di polline e di allergie. Scrivi di sentimenti che non fioriscono e di altri che invece sbocciano puri e senza pregiudizi. Scrivi di tacchi e di gonne, di risvolti troppo corti, di piogge inutili, di Sole. Scrivi di voglia di mare e di ombrelli che ti riparano da una pioggia d'ombre. Scrivi di musica, di lavoro, di gratificazioni che paghi con la stanchezza e scrivi che nonostante la nausea sei contento. Scrivi di lente tarantelle, di astinenza di risate e di abbuffate di vuoto. Scrivi di ernie, di streghe, di massaggi e di messaggi. Scrivi di te, di quello che vuoi scrivere ma non riesci a capire come scrivere. Scrivi di chi ti da l'ossigeno e allo stesso tempo lo respira. Scrivi di paure e di incertezze. Scrivi di cose futili, che non rimangono. Quando non sai che scrivere alla fine scrivi per forza qualcosa e quel qualcosa è quello che vuoi scrivere....... Ma che ho scritto?
9 Comments:
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si stava meglio quando si stava peggio
non ci sono più le mezze stagioni
In tempo di guerra ogni buco è trincea.
quando il gatto non c'è i topi ballano
leggendo questo blog non si capisce che lavori a la7
Vè?
quando invece so di COSA scrivere, è perchè so COME scrivere; a quel punto il soggetto è già una patetica tracotanza, comunque, anche senza tacchi & gonne: semplicemente allora, lo elimino; solo poi, per simmetria, vado a incagliarlo malamente; (inoltre, oggi, grand'afa); lo piazzo in un posto a caso; questo:
Pulp fragrances – atto minimo
Strada dritta, fondo di terra battuta, pochi radi edifici ai lati, nessuna percezione d'una eventuale città attorno a questo spazio immobile, spossato, quasi decomposto da un'afa intollerabile, mutuamente disgregatrice (potrebbe anche trattarsi d'uno scorcio di degradata periferia urbana che si dirada perdendosi nel verde estuario della campagna, o piuttosto in un'arsa distesa d'erbe e sterpi secchi, spezzati)…
Si è intorno alle sei del pomeriggio, l'intensità della luce comincia appena a diminuire; quel momento del giorno in cui gli oggetti si fanno più distinti, i contorni più evidenti grazie all’accentuarsi delle ombre, come se ogni cosa volesse mostrarsi per un'ultima volta al massimo della chiarezza, del vigore espressivo, prima di scomparire piano lasciando dietro di sè quell’esasperante profumo di nostalgia estatica che nel cuore torrido dell'estate lega voluttuosamente in una specie di spira sensuale il giorno alla notte, e il calore e l’umidità rimangono praticamente invariati e si continua inesorabilmente a sudare nella vampa silenziosa che inchioda i muscoli e trasforma il cranio in un secchiello colmo di braci incandescenti sempre sul punto di venir riavvolte dalla fiamma viva con improvviso moto incontrollabile…
Camicie chiare di lino che s'incollano sulle schiene di questi uomini che tacciono, curvoseduti su sgabellacci alti di legno, i gomiti appoggiati al bancone di zinco, gli occhi piantati nel boccale di liquido scuro vuoto per metà poggiato tra le due mani, inclinati sopra di esso come a proteggerlo o a trarne il residuo di freschezza direttamente dalle viscere...
Il cane si lancia in avanti; ferocemente sbavando serra le mascelle d'acciaio intorno al polpaccio di burro, molle e bianco, della grassa commessa della profumeria Fragranza, pallido budino oscillante dal passo inverosimilmente leggero -d'ora in poi un pò più strascicato- che urlando come scimmia dall’elettrificato encefalo , si abbatte sul fianco fessurandosi il bacino contro lo spigolo del marciapiedi…
I due Giovani Turchi che manovrano il pitbull saltano fuori dal vicolo lì di fronte e, mentre uno cerca di staccarle il pirana dalla tibia snidata, quell'altro in un momento la rivolta schiena a terra, le si mette a cavalcioni e, mentre la bomba dalla faccia di cera non accenna affatto a moderare la sua indelicata performance vocale, forse da ciò indispettito, estrae da sotto alla camicia sudicia un forchettone da arrosto due picche tutto metallo manico compreso e, dopo aver con rapida mossa scostato il leggero tessuto elastico del vestito (un sintetico rosso antitraspirante) dal seno destro, ve lo immerge dal basso verso l'alto, attraversando l'intera ghiandola fino ad uscire dall'altro lato.
La grossa tetta, spinta così verso l'alto, allungandosi giunse ormai a sfiorar l'orecchio, ed anch'esso in verità ricevette offesa allorchè una delle due picche nell'atto di scavar agganciò per errore il lobo destro squarciandolo subitamente.
In mezzo a tutto questo la profumatissima grassona se ne resta praticamente immobile, in una posa quasi dignitosa, solo mantenendo una costante debole vibrazione tuttoattraverso il corpo intero dilaniato, come gelatina in ebollizione- lieve, e leggere variazioni cromatiche si possono avvertire nella modulazione dei toni esageratamente acuti della voce pedantescamente terrorizzata, o forse oramai già ben al di là del terrore e fuor di coscienza, come meccanica segnalazione di sirena, tantopiù che per la ghiandolona ormai non c'è più nulla da fare, completamente andata, sbrindellata, la pelle fatta a strisce e il lardo sotto tutto spaparanzato, come una bella formina semicircolare di pudding presa a cucchiaiate da una banda di ragazzini golosi, e anche di sotto non va poi tanto meglio, se non che lì il lavoro è stato condotto a termine con accuratezza e sistematicità fors’ancora maggiori, e l’osso del cazzo è stato ripulito per bene da ogni frammento di carne muscolo tendine, nemmeno una goccia di sangue resta a turbare il riverbero del caldo sole d’agosto sulla liscia superficie dal malleolo al ginocchio, proprio come un disciplinato branco di pirana già, proprio un buon lavoro già, ben eseguito, pulito e ordinato, già.
me_dardo spaghettification(scampolo hard-boiled vagamente proustizzato)
Leggere me_dardo "è stato peggio di una strippata."
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